Ci siamo rivisti per caso nei primi giorni del 2016 in un ristorante in
Val Seriana. Fuori finalmente nevicava, neve benedetta, dopo il lungo periodo
di scarsissime precipitazioni. L’ultima volta ci si era salutati lungo le rive
del Serio, dove il fiume è ancora un torrente, dove l’acqua è limpida e
rumorosa, quando ormai l’estate lasciava il posto velocemente ai colori ed ai
profumi dell’autunno. Neve e Acqua, due elementi importanti che si legano
indissolubilmente alla Terra e che ricorrono spesso nei racconti e negli
articoli di Davide Sapienza.
Nei giorni scorsi ho letto un suo articolo sul
Corriere della Sera in cui egli presenta un’interessante iniziativa del Gruppo Flora Alpina Bergamasca.
Si tratta di una pubblicazione sui fiori di città costata otto anni di impegno,
648 escursioni con la raccolta di quasi 50 mila dati georeferenziati su 987
specie individuate in un territorio di 47 chilometri
quadrati. Ma l’articolo va oltre: l’autore porta all’attenzione del lettore
alcune riflessioni sul rapporto tra uomo e ambiente naturale, tra uomo e territorio… Val la pena di leggerlo.
![]() |
Saxifraga tridactylites © F.A.B Flora Alpina Berganasca |
Fiori di città: in un
atlante le specie che sbocciano tra il cemento
Corriere
della Sera 6 febbraio 2016
La flora urbica è la più normale forma di vita
botanica quotidiana della nostra città. Ma ce ne accorgiamo davvero, oppure l’occhio viene
attratto solo da alberi ad alto fusto e spazi verdi? Un fenomeno difficilmente
percepibile e forse in questa difficoltà si nasconde un messaggio profondo del
nostro rapporto con la natura, quando viviamo negli spazi urbani. A spiegarci
questo mistero, oltre a tante altre cose importanti, è lo studio durato dal
2006 al 2014, curato dagli specialisti del Gruppo Flora Alpina Bergamasca: 648
escursioni cittadine con la raccolta di quasi 50 mila dati georeferenziati su
987 specie nel territorio di 47 chilometri quadrati della città di Bergamo.
Cosa dicono questi dati scientifici? Che la flora
spontanea ci parla. E dunque,
per darle voce, nasce un volume significativamente intitolato «Flora spontanea
della città di Bergamo» (403 pagine, edito dal FAB, www.floralpinabergamasca.net):
un atlante ad uso di cittadini, tecnici e amministratori. Un gigantesco studio
da parte di specialisti (Germano Federici, Enzo Bona, Luca Mangili, Fabrizio
Martini, Giovanni Perico), annunciato lo scorso autunno sul notiziario FAB e
già oggetto di richieste da tutto il continente: «Perché raccogliere 49.135
dati georeferenziati girovagando per la città e i suoi dintorni, a rimirare
specie anche minuscole, strette negli angusti spazi lasciati da autobloccanti,
crepe di muri e marciapiedi, acciottolati e delle scalette storiche, ovvero il
peso “lordo” dell’esperienza che, al netto, invece regala molte emozioni, non
sempre belle, come quando si vede sparire da un giorno all’altro una superficie
prativa di 10 mila metri quadri per far posto all’ennesimo parcheggio di
servizio dell’aeroporto? Si sarebbe potuto risparmiare superficie progettando
un parcheggio a più piani interrati, a fronte del sacrificio di duecento specie
di piante gravitanti nell’area. Che volete che siano?».
![]() |
Cardamine matthioli © F.A.B. |
Già, è solo consumo di suolo, consumo di vita. In questo altrove, l’atlante della
flora urbica bergamasca ci guida in un viaggio capace di sfidare le nostre
personali concezioni del territorio. Capiremo di dover cercare risposte
nell’interazione tra le aree fortemente urbanizzate e quelle ancora a vocazione
agricola, per osservare con gli occhi delle piante e provare a fermare lo
sconsiderato macello del suolo (come il progetto di interporto tra Treviglio e
Caravaggio in un territorio agricolo sventrato dalla Brebemi). Indagando negli
anfratti, leggiamo che lo spazio cittadino e la flora urbica sono i testimoni
precisi di un oggi che deve progettare un domani sostenibile. I «fiorellini
calpestati», quel vocabolo brandito con spregio da chi raramente apre un libro
o cammina con senso naturalistico, sono tra gli indicatori più importanti dello
stato del territorio e per questo creano forti movimenti d’opinione per la loro
protezione.
È la conversazione continua, mai perduta, tra uomo e
territorio, da riportare al centro dei valori di cittadinanza, perché i
cambiamenti reciproci possono anche portare frutti buoni: «I notevoli cambiamenti nelle
tecniche agricole, con la conseguente scomparsa del reticolo irriguo minore,
dell’antica viabilità campestre e di gran parte delle siepi agrarie, causano
significative variazioni nella flora dei coltivi, mentre la globalizzazione di
uomini e merci, pur alterando il territorio per quanto concerne la composizione
floristica degli ambienti, comporta anche un aumento di specie, destinate a
diventare una presenza costante per un lungo futuro».
Particolarmente affascinante il capitolo dedicato alla
preistoria: Bergamo era
una foresta dove prosperava il faggio (ora presente a quote più elevate) e fu
in epoca romana che il paesaggio vegetale conobbe una drammatica
ristrutturazione, mutando per sempre. E proviamo a pensare che alla ricerca
delle piante troviamo noi stessi: «In realtà assieme ad esse si trovano le
radici storiche del paesaggio e quelle personali radicate in esso».
Davide
Sapienza
Cita questa pagina:
Sapienza D. (2016 Febbraio) Fiori di Città. Estratto da AppuntidiMicologia ©
Grazie Stefano, è stato bello rivederci "casual" sotto la Presolana, mi fa piacere sapere che i tuoi lettori potranno condividere la lettura di questo articolo.
RispondiEliminaDav
Grazie Stefano, ci fai spaziare, accompagnandoci per mano, da un "Regno" all'altro. Interessantissimo l'articolo di Davide Sapienza al quale formulo i miei complimenti che, come al solito, vanno estesi anche a te per l'interessante blog
RispondiElimina